Otaku è una parola giapponese che indica un soggetto affetto da monomanie e socialmente isolato. La parola viene spesso associata ai cultori di manga e anime che in Giappone dilagano dagli anni 80 generando fenomeni come il cosplayer e il collezionismo di miniature di personaggi dei manga e dei videogiochi. Lo stesso stigma sociale che in occidente viene riservato ai cosiddetti “nerd”.

Gli appartenenti a questa subcultura dunque erano già mal visti, trattati con freddezza e sospetto, la scoperta dei delitti di Tsutomu Miyazaki non ha certamente favorito un clima migliore nei loro confronti.

I crimini di Tsutomu Miyazaki, venuti alla luce nel 1989, erano talmente orrendi da seppellire l’intera subcultura.

Miyazaki, un giovane uomo tormentato che possedeva una biblioteca video privata di oltre 5.763 titoli, la maggior parte dei quali erano horror e porno particolarmente violenti, divenne il simbolo del “nerd” psicopatico, la stampa lo chiamò “l’otaku” assassino, contribuendo ad associare l’immagine del collezionista un po’ maniaco ad una persona mentalmente instabile.

miyazaki otaku assassino

 

E’ sicuramente vero che l’interesse ossessivo di Miyazaki per il cinema gore non ha probabilmente giovato al suo stato mentale ma è anche vero che prima di diventare un collezionista di film splatter e porno era già un individuo pericoloso socialmente e drammaticamente malato.

Nonostante sia nato in una famiglia rispettabile e benestante, Miyazaki viveva da recluso, e lo è diventato ancora più  dopo la morte del suo amato nonno.

Soffriva di più di un semplice timidezza: Come risultato della sua nascita prematura, le mani di Miyazaki erano deformi. Questo lo rendeva vittima di prese in giro da parte delle sorelle minori e degli studenti. Crescendo si rifugiò come succede a molti adolescenti nella passione per i manga e i film, questa monomania non solo lo isolò ancora di più socialmente ma gli fece anche trascurare gli studi chiudendo la sua carriera scolastica con risultati molto mediocri.

Come concordano i biografi la morte del nonno che per lui era l’ultimo collegamento con la razionalità lo lasciò in  balia di se stesso, dei propri fantasmi, della propria atroce solitudine. La follia lo divorò ben presto, dilagando in lui come metastasi. Dapprima fu scoperto a spiare le sorelle sotto la doccia, poi  cominciò a collezionare film pedopornografici e horror estremi.

Ma non si fermò purtroppo a questo, altrimenti potremmo archiviare il suo caso come quello di un sociopatico maniaco tutto sommato innocuo… l’orrore che vedeva nelle videocassette cominciò a sperimentarlo in prima persona. Cominciò a uccidere bambine. Lo fece tra il 1988 e il 1989, le vittime furono 4, di età compresa tra i quattro e i sette. Il suo modus operandi era semplice: si aggirava a piedi o in macchina nei quartieri e poi rapiva le bambine, le uccideva, le mutilava (molte vittime erano state private delle mani) e dopo averne violentato i cadaveri le lasciava in luoghi isolati. Documentava tutto con una videocamera. Fu accertato che praticò atti di cannibalismo nei confronti della sua ultima vittima che contrariamente alle altre portò a casa.

la stanza di miyazaki otaku assassino

Come spesso accade fu arrestato per un fatto collaterale, fu preso mentre tentava di infilare l’obiettivo della macchina fotografica nella vagina di una ragazza che aveva adescato. La polizia trovò nel suo appartamento, oltre all’immensa collezione di film pornografici e horror, i video dei quattro delitti commessi.

Nonostante avesse giocato la carta della follia Miyazaki fu condannato a morte nel 1997 e giustiziato nove anni dopo.

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