Nel 1961 lo psicologo statunitense Stanley Milgram effettuò un esperimento di psicologia sociale che portò a terribili conclusioni sulla natura umana.

Milgram iniziò l’esperimento tre mesi dopo l’inizio a Gerusalemme del processo al nazista Adolf Eichmann, l’uomo che ubbidì agli ordini. Il processo che stimolò Hannah Arendt a scrivere il suo celebre libro contestatissimo in Israele “La banalità del male”.

Lo psicologo americano voleva verificare se in determinate condizioni, sotto pressione di un’autorità, l’essere umano riesce a opporsi, a ribellarsi, se gli viene impartito di violare i suoi codici etici e morali. Come vedremo l’esperimento ebbe risultati terribili.

Il campione fu scelto a caso, maschi tra i 20 e i 50 anni di varia estrazione sociale e culturale. L’esperimento funzionava così: Milgram prendeva due persone e assegnava all’ignaro il ruolo dell’insegnante, a un complice invece il ruolo dell’allievo. L’allievo veniva legato a una specie di sedia elettrica. L’insegnante poneva delle domande, di fronte a sé aveva un pannello con comandi che impartivano scosse elettriche alla sedia su cui era seduto l’allievo: c’erano 4 leve a intensità crescente. A ogni risposta errata era sollecitato da Milgram ad aumentare l’intensità della scossa. Naturalmente le scosse erano finte e l’allievo doveva fingere di sentire dolore e angoscia, fino allo svenimento finale se l’insegnante premeva il pulsante con l’intensità massima.

L’esperimento di Migram

L’ignaro soggetto nel ruolo di insegnante era convinto che le scosse fossero autentiche ed era turbato naturalmente dalle urla di dolore dell’allievo, ma nonostante tutto, nella maggioranza dei casi, continuò ad aumentare le scosse fino alla massima intensità.

L’esperimento dimostrò l’esattezza delle tesi della Arendt e cioè che i soggetti non si sentivano moralmente responsabili poiché l’autorità li aveva indotti a uno stato detto eteronomico.

 Allo stato eteronomico concorrono tre fattori:

  • percezione di legittimità dell’autorità (nel caso in questione lo sperimentatore incarnava l’autorevolezza della scienza)
  • adesione al sistema di autorità (l’educazione all’obbedienza fa parte dei processi di socializzazione)
  • le pressioni sociali (disobbedire allo sperimentatore avrebbe significato metterne in discussione le qualità oppure rompere l’accordo fatto con lui).

L’esperimento naturalmente venne criticato nei metodi, tuttavia non ci si disfa facilmente dal senso di disagio che si prova a commentarlo.

Pensiamo a un cittadino tedesco, per anni e anni bombardato di propaganda, gli ebrei dipinti come mostri, la soluzione finale proposta come una naturale conseguenza etica dei principi instillati. Pochi si ribellarono, pochi si rifiutarono.

Altri esperimenti di questo tipo furono condotti in America, parleremo in questo blog prossimamente dello Stanford prison experiment.

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