Horror Creepshow

Vorrei tentare, se possibile, di rispondere in modo approfondito ed esauriente alla domanda che molti mi pongono: perché scrivi horror? Domanda che viene seguita poi da ulteriori domande: come fai a scrivere quelle cose? Come ti vengono in mente? Domande poi a cui seguono alcune constatazioni, vedremo se più o meno false, e cioè devi avere una mente ben contorta per immaginare certe cose.


Forse è bene cominciare dall’ultima questione perché in realtà è quella che più inquieta la gente perbene. Se scrivi di eventi così orribili, paurosi, macabri e sanguinosi, chissà che incubi, chissà cosa pensi in quella tua testa matta, non sarai mica un serial killer?
Io temo che se aprissero la mente di un serial killer la troverebbero significativamente vuota, quanto meno di emozioni ma questo è un altro argomento di cui non voglio trattare. Torniamo a noi.
Ebbene io rispondo per me stesso, lungi dal voler dare di me un’immagine per forza rassicurante. Raramente faccio incubi di quel genere, i miei incubi sono normalissimi, sono quelli di tutti, molto spesso riguardano aspetti banali della mia vita come la paura della scuola o del futuro. Ricordo solo due incubi abbastanza spaventosi che mi fecero svegliare agitato, nell’arco di 30 anni. Nessuno di questi 2 incubi è entrato in qualche modo in un mio racconto. Non sono Lovecraft che a quanto pare sognava la maggior parte delle cose di cui scriveva. Io scrivo solo su sogni a occhi aperti.


Non sono mai stato attratto dalla violenza, e non ho nemmeno quella particolare morbosità che spinge la gente a recarsi sui luoghi in cui sono avvenuti fatti macabri, sono del resto spaventato da filmati in cui si vedono violenze o incidenti reali. Non riesco a tollerare i cosiddetti snuff movies.
Però fin da ragazzino sono stato affascinato dall’orrore, dalle storie di vampiri, fantasmi e zombi; sono da sempre un appassionato di cinema horror e ho visto ogni sorta di pellicola di quel genere, comprese quelle più estreme (gore e splatterpunk). Per me il contrassegno della finzione è essenziale, se è finzione riesco a guardare le cose più efferrate, se invece è un filmato reale nemmeno un video su youtube di un tizio che si rompe una gamba riesco a tollerare.
Dunque è questo il punto, quando parlo di horror entro nel territorio dell’immaginazione, di una cosa che non esiste e io immagino. Non esistono i vampiri, non esistono i licantropi ma è bello per me immaginare mentre assisto a un film o leggo un libro o scrivo un racconto horror che esistano, solo lì, per me, in quel momento.
Mi piace essere spaventato ma solo se non lo sono davvero. Se in fondo alla mia testa c’è quella valvola di sicurezza da cui posso scivolare via quando la paura eccede la mia capacità di sopportazione, e quella valvola significa: consapevolezza della finzione. Quando guardiamo un qualsiasi prodotto dell’immaginazione attuiamo in modo ormai inconscio quel processo che si chiama sospensione della credulità o del dubbio. E’ un processo che entra in scena appena cominciamo a vedere un film o leggere un libro, cioè dobbiamo credere a quello che vediamo o leggiamo. Ma mentre crediamo che Superman sappia volare e non pensiamo tutto il tempo al fatto che un uomo in realtà non possa volare, in fondo sappiamo che Superman non può volare, perché del resto Superman non esiste. La nostra consapevolezza rimane sul fondo, a nostra disposizione. I morti viventi assediano una casa e noi vibriamo di orrore, palpitando per chi diventerà il loro pasto, ma in cuor nostro, mentre siamo deliziosamente terrorizzati, sappiamo che una volta tornati a casa non ci sarà bisogno di barricarci dentro, inchiodando tavole di legno alle finestre: gli zombi infatti non esistono.
Funziona come per gli incubi: quando l’assassino sta per ghermirti, ti svegli. Funziona esattamente così, inutile girarci intorno. Forse è per questo che Nightmare di Wes Craven ci inquietava così tanto. L’assassino ti uccideva nei sogni e non ti dava modo di svegliarti. Brrr.


In effetti sono tante le cose che mi spaventano, ma sono paure reali, di cose che davvero possono accadere. Quando immagino, se scrivo un racconto, qualcuno nel buio, ignaro di un mostro in agguato, non ho davvero paura, ma cerco di immaginarla, cerco di calarmi nei panni di quel tizio e così sento la paura, e un po’ ce l’ho davvero, ma è quel tipo di paura che provi quando guardi un film.


Nessun film horror mi ha mai fatto fare brutti sogni, sono sempre le paure reali a suscitare brutti sogni. Non conosco nessuno che dopo la visione di un film con i morti viventi abbia sognato i morti viventi. E’ abbastanza infantile questo atteggiamento e i sogni non sono così banali, scavano nel nostro inconscio e vanno a prendere le paure insieme nascoste e più solide, scolpite in una lapide di marmo.


Io parlo del mio modo di interpretare horror, solo il mio, Stephen King e gli altri grandi interpreti del genere hanno un loro modo, sicuramente più redditizio del mio. Come fanno a venirmi in mente certe cose? E perché invece di inventarmi cose comiche o sentimentali vado a parare sul macabro o sull’orrore? Non è facile rispondere oppure sì, dipende dai punti di vista. Io parto sempre da un’immagine e da un contesto, una situazione ben precisa. Quest’immagine o questa situazione spesso generata da episodi di vita quotidiana molto distanti dall’horror (libere associazioni oppure ribaltamento della realtà), comincia a frullarmi in testa e qualcosa nasce, una storia in embrione che ha bisogno di tempo per germogliare, crescere e diventare una storia promettente. Come faccio a capire se una storia può diventare un racconto o un romanzo? Un tempo non lo sapevo ma ora che sto scrivendo il secondo romanzo lo so abbastanza bene. Quando il seme germoglia immagino che tipo di pianta ne uscirà. Se è un fiore allora è un racconto, se è un albero allora è un romanzo, facile no?


Veniamo alla domanda del secolo, perché scrivi proprio horror.
Perché quando ho delle idee la mia mente mi porta in quella direzione, non c’è un vero perché, ci sono idee che nascono per dare vita a un racconto o a un romanzo horror, nient’altro che questo. In passato ho anche scritto cose diverse dall’horror, ho addirittura scritto cose che non si collocavano in un genere ben preciso. Tuttavia ho sempre avuto una predisposizione verso questo genere. Perché l’ho sempre amato e allora in questo c’è la risposta. Scrivo horror perché mi piace scrivere horror, è abbastanza semplice e banale, non troppo profondo ma è così. E perché non lo trovo stupido? Questa è una domanda più profonda, provocatoria ma azzeccata. Non trovo stupido scrivere storie horror perché nelle storie che scrivo ci metto tutto me stesso, ci metto le mie idee, ci metto le mie esperienze, ci metto quel che penso del mondo, cosa mi fa paura, quel che vedo e che non mi piace. Dico sempre che l’horror è solo uno dei tanti modi diversi di raccontare la realtà attraverso il filtro dell’immaginazione. Non è un modo stupido, è un modo diverso da quello di chi scrive un giallo, un noir o un fantasy. Alla fine comunque in una storia horror si parla dell’umanità, delle sue debolezze, delle sue atrocità come si parla della società in modo più o meno critico. Se voi leggete un horror troverete che quasi sempre il cosiddetto mostro è forse la creatura più innocente che esista, un po’ come le bestie, il mostro ammazza perché è la sua natura. Nei film di Romero i morti viventi sono l’ultimo dei problemi, il vero problema è l’umano che in situazioni estreme si comporta in modo feroce, invece di sacrificare i propri egoismi per il bene collettivo agisce con codardia e opportunismo, creando così i prodromi per il massacro di tutti. I morti viventi non hanno coscienza, non sono malvagi come non lo sono i coccodrilli che ti ghermiscono se attraversi il loro fiume. Il malvagio è l’uomo che ti spinge nel fiume per farti mangiare dai coccodrilli e permettere a lui di passare mentre tu vieni sbranato. Gli scrittori horror che amo parlano di quel che non va nella società, i migliori non si limitano a criticare la nostra società, vanno alla radice dei mali dell’umanità e li rintracciano tutti nella nostra ingordigia, nel nostro egoismo, nella nostra sete di denaro e di potere. Di questo alla fine parlano le storie horror, dell’infinita sciocchezza umana che la porta a massacrarsi in guerre sanguinose e inutili.


Pensate ci sia qualcosa di più stupido e ottuso che immaginare di armarsi di migliaia di bombe atomiche sapendo che anche il tuo nemico lo farà e che alla fine non resterà traccia di vita sul pianeta terra? Io penso di no, che non ci sia niente di più stupido eppure è stata il centro della politica delle maggiori potenze del nostro pianeta nella seconda metà del secolo scorso.
Ecco perché gli zombi, i vampiri e gli altri mostri non mi spaventano, perché sono innocenti, incolpevoli della loro natura, non hanno scelta, mentre noi l’abbiamo sempre e se facciamo una brutta fine nei racconti o romanzi horror è perché non riusciamo a sottrarci alla spirale di odio ed egoismo che ci pervade. Oppure perché siamo finiti nelle mani di un grosso stronzo che gode nel farci fare una brutta fine e questo stronzo sadico si chiama “scrittore horror”.

Se dopo questo sproloquio volete leggermi potete provare qualche racconto gratuito. Come Il Bubbone. Se dopo il racconto gratuito volete leggermi sul serio allora è disponibile il mio primo romanzo, al momento sto scrivendo il secondo. Terre Morte lo trovate in formato ebook in tutti gli store digitali, eccovi il link per acquistarlo su Amazon: Terre Morte.

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