Ho cominciato a percorrere l’Italia alla ricerca di testimonianze attendibili su misteri ed eventi paranormali, o semplicemente inspiegabili,  nel tentativo di creare una mappa virtuale di questo territorio di confine, la zona morta, un paesaggio ai margini del nostro campo visivo e del nostro pensiero razionale, qualcosa che nascondiamo o releghiamo come polvere sotto il tappetto, un parente bizzarro di cui ci vergogniamo e che pure in qualche modo ci è caro.

1000px-Il_lago_di_Varese
La mia prima tappa è Varese, città lombarda che sorge sull’omonimo lago, mi attende la professoressa Giovanna Ferloni che oltre ad insegnare fa attività politica, una donna razionale e apparentemente fredda.

Mi accoglie nel suo salotto adorno di scaffali colmi di libri, un allegro crepitante fuoco acceso nel camino ci conforta in una giornata molto fredda, dai monti spira un’aria gelida, pare portare anche l’ululato dei lupi.

Mentre conversiamo mi offre tè e biscotti. Le chiedo come da prassi se è appassionata di storie di fantasmi, se legge libri sull’occulto, scuote la testa, e ride, no, è lontanissima da questo mondo, anche se adora Stephen King.
E chi non lo adora, dissi, e do un’occhiata allo scaffale dedicato a questo grande autore americano al cui centro campeggia un’edizione economica di IT, il capolavoro del maestro del Maine.
Mi dice che sono stato fortunato ad arrivare oggi perché nei prossimi giorni è annunciata neve e avrei avuto difficoltà nell’arrampicarmi con la mia macchina su per queste strade collinose.
Varese sorge su sette colli come Roma, lo sapeva?, mi dice. Certo che lo sapevo, rispondo mentendo. E poi mi illustra altri dettagli su questa incantevole città.
Le domando se è a conoscenza di qualche mistero sul lago, ogni lago, le dico, trattiene i suoi misteri sul fondo oscuro e melmoso.
Mi dice che forse ne sanno di più i vecchi di Varese, li posso trovare il pomeriggio sulle panchine davanti al molo.
Dopo aver conversato amabilmente le chiedo di raccontarmi la sua storia da Zona Morta, la ragione per cui sono venuto fin qui dalla lontana Liguria.
Si fa improvvisamente seria, i lineamenti gentili si irrigidiscono, dopo un profondo respiro comincia a raccontare…
“Era appena morta mia zia, la sorella di sua madre, una donna forte ma da me non troppo amata, per il suo perenne conflitto con mia madre, e mi ero recata in visita a casa sua. Era un giorno orribile, molto buio, non pioveva ma il cielo era scuro e l’aria era carica di umidità. Mia zia era sul letto, avevo aiutato la badante a vestirla e le avevo dato l’estremo saluto.
In casa ad accudire la zia defunta era rimasta la badante, nessun altro. Lasciata la casa ho sceso le scale del condominio deserto, non c’era nessuno, era un giorno feriale ed erano tutti al lavoro, non c’era nemmeno il portinaio, che lascia il condominio dopo pranzo.
C’era un silenzio irreale, un’atmosfera opprimente, ricordo che mi fermai un secondo prima di attraversare il cortile vuoto, mi appoggiai alla ringhiera delle scale e cercai di respirare piano, non ero particolarmente colpita dalla morte di mia zia, come ho già detto, non ero amata e una nipote poco amata non ama a sua volta, anche se rispettavo mia zia, nonostante i litigi con la mia adorata mamma… ero improvvisamente stanca e faticavo a respirare, mi sentivo la gola pressata come se ci fosse qualcosa attorno… ho ripreso a camminare nel cortile, sentendomi osservata, anche se non c’era anima viva, l’appartamento di mia zia non si affacciava sul cortile del condominio e l’unica persona presente era la badante che doveva vegliare mia zia in attesa di altri parenti, più o meno al centro del cortile ho sentito una voce chiamarmi, quasi un soffio, era la voce di mia zia, ne sono sicura, era sua l’inflessione, era il suo accento, c’era una nota dolente in quella voce, o forse qualcosa che doveva essere detto che doveva trovare ascolto, mi fermai raggelata, mi guardai attorno spaventata per vedere se ci fosse qualcuno ma non c’era nessuno, alzai lo sguardo alle finestre ma erano chiuse, ero sola in quel cortile… quella voce ancora mi rimbomba nell’anima, se fosse stata solo un’allucinazione o uno scherzo dei nervi a quest’ora non me la ricorderei più, il ricordo svaporerebbe e non sarei così turbata ma quella voce è impressa nella mia mente così nel profondo che non riesco a liberarmene e vorrei saperne di più, pure vergognandomi, perché temo che qualcuno possa ritenermi pazza o sciocca, finora avevo raccontato questo fatto solo a due cari amici e a mio marito, è la prima volta che lo rivelo ad un estraneo…”
Il racconto di Giovanna mi sconvolse, restai in silenzio per un po’ dopo che aveva terminato, raccogliendo i pensieri, la ringraziai e mi congedai da lei chiedendole il permesso di pubblicare la sua storia e di citarla con il suo nome vero, permesso che come potrete facilmente intuire la gentile professoressa mi ha accordato, a presto con nuove tappe di viaggio nella Zona Morta.

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