Seconda puntata della rubrica dedicata ai Grandi Antichi. 

Questa puntata è dedicata a Dagon, un dio che vive nelle profondità degli abissi oceanici.

Dagon

Dagon appare in due racconti, il primo venne pubblicato nel 1923 sulla rivista Weird Tales ma era stato concepito da Lovecraft nel 1917. Si intitolava Dagon come il dio mesopotamico citato nel Primo Libro di Samuele.

Il dio Dagan, Dagon in ebraico.

Era una divinità legata alla fertilità e al raccolto e aveva la parte inferiore del corpo a forma di pesce.

La fonte a cui Lovecraft attinge non è nuova nella sua produzione letteraria, i suoi mostri venerati in culti blasfemi attingono a piene mani dalle tradizioni pagane. Questi culti vengono spesso contrapposti al cristianesimo.

Del dio babilonese Dagon conserva le fattezze di pesce e l’associazione alla fertilità e all’abbondanza. Il racconto come spesso accade è narrato da un testimone degli eventi che alla fine dei suoi giorni o in condizioni estreme di salute rievoca gli eventi spaventosi che lo hanno condotto sul baratro della follia.

Dagon parla di una visione, un naufrago si risveglia in un vasto deserto di fango marcio, come se il fondo del mare fosse improvvisamente emerso in seguito a un’eruzione. D’improvviso all’orizzonte di questo vasto mare di fango putrido appare un pendio.

Illustrazione di David Garcia Forés

Dalla sommità il narratore naufrago scorge antiche rovine su cui sono presenti strani bassorilievi.

Vi sono ritratti i Deep Ones, pesci rana antropoidi la cui descrizione sarà meglio dettagliata in un altro racconto. Domina le rovine un gigantesco obelisco. All’improvviso il dio Dagon appare, è un gigante dal corpo di pesce, si arrampica sull’obelisco e getta nella disperazione il narratore che, non sa come, riesce a fuggire e a ritrovarsi poi in qualche modo sulla terraferma. Il racconto si conclude con il suicidio del narratore che sente suoni viscidi alla propria porta.

Il secondo racconto in cui compare Dagon è La maschera di Innsmouth del 1936. Un racconto, o forse meglio dire un romanzo breve, che rappresenta al meglio la produzione di Lovecraft. Lo scrittore è più maturo e maneggia un materiale ormai solido, sedimentato in anni di racconti spesso pubblicati in riviste.

The shadow of Innsmouth, illustrazione di Mushstone.

Nella Maschera di Innsmouth si parla dell’antico culto esoterico di Dagon. Un culto che soppiantò quello cristiano, considerato poco redditizio. Il richiamo alle eresie blasfeme condannate nella Bibbia appare evidente.

Il narratore parla della sua avventura a Innsmouth molto tempo dopo gli eventi che hanno scosso l’America e che hanno portato a numerosi arresti e deportazioni nella cittadina. Arresti seguiti a denunce che lui stesso fece dopo essere riuscito a fuggire da Innsmouth.

Il culto fu importato dal capitano Obed da remote isole del pacifico.

Dagon promette abbondanza di pesce e oro, in cambio di sacrifici umani. Questo dio degli abissi è venerato da questi esseri che abitano nelle profondità del mare, in antichissime e ciclopiche città sottomarine. Ecco come vengono descritti nel romanzo:

Il corpo, vagamente antropoide, terminava in una testa di pesce con stupefacenti occhi sporgenti che non si chiudevano mai. Sui lati del collo si aprivano branchie palpitanti, e avevano lunghe zampe palmate. Si muovevano con saltelli irregolari,su due, altre su quattro zampe. In qualche modo mi rallegrò notare che non avevano mai più di quattro arti. Il loro verso gracidante, che evidentemente impiegavano come linguaggio articolato, aveva tutte le sfumature espressive e tenebrose di cui i volti fissi erano sprovvisti.

I Deep Ones si mescolano di tanto in tanto con gli umani generando esseri che inizialmente sono esseri umani come tutti ma che poi nel tempo cominciano a sviluppare caratteri simili alle creature marine. Quando la metamorfosi è completa l’ibrido sente irresistibile il richiamo del mare dove vivrà in eterno finché verrà il tempo in cui i Grandi Antichi sorgeranno dai loro mausolei dove giacciono non morti.

Alcuni hanno la testa curiosamente stretta, il naso piatto, occhi vitrei e sporgenti che sembra non si chiudano mai; neanche la loro pelle è normale, ma raggrinzita e coperta di croste. E ai lati del collo presentano una specie di pieghe grinzose. Diventano calvi molto giovani. I più vecchi hanno un aspetto anche peggiore, sebbene, a onor del vero, non ricordi di aver mai visto una persona anziana di Innsmouth.

Il protagonista incontra il vecchio Zadog, uno dei pochi abitanti di Innsmouth che si è sottratto al culto di Dagon e vive da reietto in quel posto dimenticato da Dio. E’ lui che racconta la storia di Innsmouth, la sua decadenza, la lenta discesa negli inferi a causa del maledetto patto con le creature degli abissi.

Il finale segue lo schema tipico lovecraftiano, di un falso lieto fine. Intriso di pessimismo La maschera di Innsmouth si chiude con un colpo di scena davvero inquietante:

Non credo che aspetterò fino a quando la metamorfosi sarà completa, come fanno molti. In questo caso, probabilmente mio padre mi farebbe rinchiudere in manicomio, come il mio povero cuginetto. Splendori portentosi e inauditi m’attendono laggiù, e presto li andrò a cercare. Iä-R’lyeh! Cthulhu fhtagn! Iä! Iä! No, non mi sparerò… non posso farlo! Preparerò la fuga di mio cugino dal manicomio di Canton e insieme raggiungeremo Innsmouth dalle tenebrose meraviglie. Nuoteremo fino al solitario scoglio e ci tufferemo nei neri baratri sottomarini ove sorge la ciclopica Y’ha-nthlei, dalle mille colonne, e nel rifugio di Quelli-degli-Abissi vivremo per sempre in un mondo di meraviglie e di gloria.

Il romanzo fa parte del Ciclo di Cthulhu, il sacerdote dei Grandi Antichi viene citato dal vecchio Zadog che a un certo punto esclama: Ph’nglui mglw’nafh Cthulhu R’lyeh wgah’nagl fhtagn.

Il romanzo è stato adattato in modo sublime dal grande regista Stuart Gordon, un grande appassionato dello scrittore di Providence, a cui ha dedicato numerose pellicole, potete acquistarlo su Amazon qui:

Dagon – La mutazione del male

Uno dei motivi per cui Lovecraft affascina tutt’ora gli appassionati di horror è questo ricorrere a una propria mitologia personale, che cresce di complessità di racconto in racconto. Qualcosa non lontana dall’opera di Tolkien che crea un proprio ciclo epico. Lovecraft scrive una specie di Bibbia nera, qualcosa di oscuro e inquietante, che ci fa gettare sguardi preoccupati al mare e al cielo.

Potete trovare la precedente puntata della rubrica qui: Cthulhu.

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